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n. 2 / gennaio 2013

LES FLEURS Á LA FENETRE (I fiori alla finestra)

DVD di Giovanni Princigalli
"Heros Fragiles", Montreal

 

Adelaide D'Auria
Scuola di Dottorato in Scienze Umane
Università degli Studi di Bari Aldo Moro


“Uscivo da una storia con il cuore a pezzi e volevo qualcosa di esotico, qualcosa di nuovo”. È bastata questa frase per dare il senso, o uno dei possibili, dell'intero documentario “Les fleurs a la fenetre” (2010), di Giovanni Princigalli. Non è una frase banale, come lo sarebbe stata in molti altri contesti, perché a pronunciarla è una ragazza camerunense in un internet cafè della sua città. Lei lo frequenta, e come lei molte altre ragazze, nella speranza di trovare un “blanche”, un uomo che viene da lontano che le porti via e offra loro amore, romanticismo, il matrimonio, o molto più semplicemente, i mezzi necessari per sopravvivere.

Giovanni, regista italiano, di Bari, trapiantato in Canada, intraprende un viaggio verso l'Africa, un viaggio che è il risultato di una lunga gestazione, iniziata in Canada, quando si iscrive a uno dei numerosi siti che promettono, perlopiù agli uomini occidentali, o comunque agli abitanti della parte ricca del mondo, incontri con bellissime donne africane, ma non solo.

È in questo modo che regista cerca l'incontro, fino a trovarlo, con tre ragazze camerunensi, Nadège, Amélie e Léonie, tutte e tre giovanissime, tutte e tre artiste. Di queste racconta la storia di due, Amélie e Léonie. La prima, con la passione della danza e della poesia, ma che per vivere fa le pulizie all'ambasciata spagnola del suo paese, l'altra Léonie, di Douala, a nord del Camerun, con la passione del teatro, e con il costante impegno nella lotta all'AIDS, combattuta con le armi dell'educazione alla prevenzione e dell'arte, che in più lavora nella bottega di famiglia con sua madre e sua sorella.

Il film, racconta l'incontro con l'Altro, talvolta con momenti commoventi, dissipa i luoghi comuni, smentisce gli stereotipi reciproci, lasciando come precipitato della narrazione il dialogo, la condivisione di esperienze, il racconto delle proprie vite, in uno scambio alla pari che non diventa mai reportage dell'antropologo, il quale studia, classifica, analizza, i modi di vivere e le vite stesse dei soggetti del proprio studio. La naturalezza del racconto da parte dei protagonisti fa sì che le differenze si percepiscano non in quanto elementi che dividono individui provenienti da contesti completamente diversi tra loro, ma come tratti universali, comuni alle vite di tutti, a prescindere dai propri luoghi di origine. Ancor di più questo è evidente dal momento che il filo conduttore delle vite delle due ragazze non è la spasmodica ricerca della fuga, del salvatore che le porti via, ma la realizzazione di sé e la partecipazione alla libertà, il poterla assaporare attraverso e l'arte, nonostante tutto. È questa consapevolezza di sé che colpisce, che dà la misura di come l'immaginario collettivo relativo all'Africa, e ancora più nello specifico, alle donne africane, sia stato costruito e alimentato da luoghi comuni, perlopiù ancora molto radicati nel mondo occidentale e che senz'altro Les fleurs a la fenetre contribuisce a smentire.

 

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