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n. 2 / gennaio 2013

We are the eyes:
lo tsunami verde e il Twitter factor

 

 

Valeria Pacilli
Informazione e sistemi editoriali
Università degli Studi di Bari Aldo Moro

 

La voce delle folle è diventata preponderante.
Detta ai re la loro condotta; e non più nei consigli dei principi,
ma nell’anima delle folle si preparano i destini delle nazioni
(Le Bon, 1895).

 

Voli low cost, trasferimenti a lunga distanza di dati ed emozioni attraverso i social network, satelliti in orbita nello spazio. Il viaggio è condizione naturale dell’essere umano. Per dirla con Barthes (2001)  viaggiare è andare verso l’altro, mettersi alla ricerca del cosiddetto senso ottuso, fluttuante, sinuoso e libero dai tentacoli delle categorie retoriche, linguistiche, letterarie tradizionali, collocato negli interstizi del testo. In una relazione autentica fra alterità, o segni-Altri, i soggetti dell’enunciato devono transitare in quello che Bhabha (2001) definisce terzo spazio, luogo dell’ambivalenza che trasforma la struttura del significato e de-struttura, de-colonizza il sapere.
Tra i vari mezzi di trasporto e comunicazione la rete incarna perfettamente quello spazio terzo in grado di ridefinire il nostro sguardo per esplorare gli universi semiotici dei segni-Altri. La rete risulta dunque lo spazio di ricreazione per eccellenza, di nuove forme dell’essere insieme, le comunicrazie (Susca 2008). Le identità elettroniche possono esperire una fusione mistica attorno ai totem 2.0 mosse sia da pulsioni frivole o ludiche, sia da passioni, diritti, obiettivi, ideali, come quelli che hanno espanso sul web l’Onda verde iraniana nel 2009. La rete nel caso dell’Iran ha rappresentato un canale di comunicazione fondamentale con il resto del mondo, una sirena che si è propagata in modo assordante negli altoparlanti mainstream e dei new media all’estero.
Cip-cip (o tweet-tweet): l’onomatopeica di una rivoluzione.
Il movimento iraniano del 2009 è stato una vera e propria mobile phone revolution: le comunicazioni di telefonia mobile, infatti, in quel periodo subirono un incremento esponenziale a cui non mancarono conseguenze. A creare problemi fu, uno fra tutti, la Nokia Siemens Network che fornì dati di telefonia, e-mail e attività internet dei manifestanti al governo iraniano. Immediati il boicottaggio del marchio, atti di vandalismo (figura 1) e pratiche di adbusting (figura 2 e 3) di cartelloni pubblicitari.

Figura 1. Cartellone Nokia coperto di vernice verde a Shiraz.

Figura 2. Il payoff di Nokia in altri manifesti è stato riscritto in, Nokia. Jailing people, cioè Nokia fa arrestare le persone.

Figura 3. Il poster del Nokia N88 promuove “un nuovo prodotto realizzato con la collaborazione della Repubblica Islamica dell’Iran in grado di torturare e uccidere i giovani iraniani”.

Il 17 giugno “la rete venne inondata da immagini degli scontri (…) con il ritmo di cinque video amatoriali al minuto” (De Leo 2009, p. 71). Ma uno dei bacini da cui attingere le notizie dei citizens reporter iraniani fu senza dubbio Twitter, tanto da ribattezzare il movimento verde come Twitter revolution. Sysosom, azienda che si occupa del monitoraggio dei social media ha analizzato il database di twitter per comprendere la portata del social network durante le giornate post-elettorali. Dalla metà del maggio 2009 quando gli utenti in Iran erano 8654, si assistette ad un incremento altissimo nella registrazione di nuovi account che impennò il numero degli utenti a 19235, contati nel mese di giugno (figura 4)(1) .

Figura 4. Il grafico mostra la crescita esponenziale delle registrazioni
twitter specie da febbraio 2009.

Dati statistici a parte, ciò che rende twitter semioticamente interessante è, primariamente il significato del verbo to twitter, ossia il riferire un messaggio con voce flebile – tremula che ricorda per l’appunto il cinguettio di un uccellino – ma anche il parlare tagliente, rapido e banale assimilabile a “vecchie signore che spettegolano” (Salerno 2011, p. 40). Considerevole è anche la connotazione negativa del sostantivo che ha indotto alcuni “commentatori” tra cui Jeff Tietz ad associare sostantivi (simili per assonanze/consonanze) come twit, “persona folle”, tit, volgarmente usato per “indicare il seno femminile”, e weenie, slang riferito ai genitali maschili (ib). Potremmo quasi scorgere il riverbero della pulsione erotica liberata attraverso i media elettronici in un evento politico-sociale quale la rivoluzione. In arabo la rivoluzione, thawra, è stata sessualmente connotata dallo storico orientalista Lewis – a cui fa riferimento Said (1991) – il quale, a partire dall’analisi etimologica del termine la cui radice significa “alzarsi, eccitarsi, emozionarsi” (p. 334), la paragona all’alzarsi di un cammello, ad “un gesto politico di poco conto” (p. 335). Siamo di fronte a quello che in ambito postcoloniale Chow (2004) chiama sguardo pornografico. L’arabo, in questo caso, proprio come un film porno diviene un’esperienza fisica, incorporata attraverso “sinapsi che eludono il controllo della coscienza” (Jameson 2003, p. 3). Per Jameson infatti “il visuale [è] essenzialmente pornografico, il che significa che sbocca in una fascinazione estatica, irrazionale” (ib). È evidente che il visuale descritto da Jameson investe fortemente l’oggetto/soggetto visivo, è “il primo atto di violenza” (Chow 2004, p. 25): spoglia l’altro, lo invade, lo aggredisce.
La perplessità di molti osservatori internazionali circa le insurrezioni è che non sappiano trasformarsi in un programma positivo di cambiamento sociale e politico. Ciò che andrebbe constatato, invece, è il loro essere una rottura dell’ordine esistente, per cui “il loro accadere è già significativo” (Arditi 2011, p. 2).
Sulla base dell’adagio di McLuhan (1968), ossia il medium è il messaggio, possiamo riconoscere che il solo nascere ed evolversi di movimenti con tali caratteristiche mediali rappresenti di per sé il messaggio: revolution is message. E solo twitter e i blog l’avrebbero salvata. Quando i cellulari e internet furono bloccati, su twitter i primi giorni, specie durante la notte, iniziarono a circolare tweets in farsi tradotti in inglese che invitavano il social network a non staccare il servizio e ad “andare sui tetti di Teheran e gridare per protesta Allahu Akbar” (Salerno 2011, p. 41).

<< 13 giugno 2009 ore 04.35. In Eram Steet, Shiraz University, gli studenti si sono scontrati con la polizia e la polizia ha usato gas lacrimogeni.
Slogan "Dio è grande" e "morte al dittatore" è eco a Teheran. La gente sta dimostrando sui tetti.
L'ufficio del fronte partecipazione è stata attaccata. Hanno chiuso l'ufficio. Sulla porta, hanno scritto, questo ufficio è chiuso fino a nuovo avviso >>(2) .

15 giugno 2009
@twitter Twitter is currently our ONLY way to communicate overnight news in Iran, PLEASE do not take it down.#IranElection4:06 PM Jun 15th, 2009 from web
We have no national press coverage in Iran, everyone should help spread Mousavi's message. One Person = One Broadcaster. #IranElection3:53 PM Jun 15th, 2009 from web (Salerno 2011, p. 42).

Originali e sarcastici a questo proposito furono i fumetti di Zahra’s Paradise (figura 5), nati dall’esperienza editoriale di uno scrittore persiano, un disegnatore arabo e un redattore ebreo(3) , e Persepolis 2.0 che riprese le vicende del dopo elezioni nella cornice grafica e di personaggi del Persepolis (2007) di Marjane Satrapi (figura 6).

Figura 5. Una trasposizione fumettistica delle drammatiche vicende di quei giovani dell’Onda verde picchiati e arrestati dalla polizia di cui spesso le famiglie non avevano più traccia per diversi giorni, addirittura mesi.

Figura 6. Il graphic novel realizzato da un disegnatore e un giornalista di origine iraniana che si firmano con i nomi Payman e Sina, mostra come Twitter sia stato l’ancora di salvezza per le comunicazioni.

Nonostante il blocco della rete il 13 giugno, riflette Salerno, di fatto si continuò ad usare il web e twitter per comunicare, ma soprattutto una moltitudine di post, come quelli di Mousavi, furono scritti in inglese. Che senso avrebbe avuto dare istruzioni sulle proteste se soltanto in pochi avrebbero aggirato la censura? La risposta sta nella presenza di un soggetto invisibile al quale ci si rivolgeva.
L’escape degli iraniani, a questo punto, non poteva che implicare il rifugiarsi nel terzo spazio: la rete, luogo in cui la folla verde si (ri)materializzava, divenendo sfuggente, invisibile e pericolosa. Se l’arte segreta dell’invisibilità di cui parlano i versi della poetessa Mailing Jin, riportati da Bhabha (2001), rappresenta un contro-sguardo, la sovversione dello sguardo coloniale, lo sguardo e l’azione iraniana in rete hanno interrogato, e ancor più evocato e invocato, lo sguardo dell’Occidente, del mondo: rendersi invisibili e anonimi per divenire ancora più visibili, rafforzandosi.
Chi era/erano il/i destinatario/i delle comunicazioni in rete?
Era in atto una vera e propria strategia di diffusione planetaria degli aggiornamenti sugli scontri eliminando la principale barriera: la lingua. Vennero create, infatti, pagine in farsi, in farsi e in inglese, e pagine soltanto in inglese. È chiaro quindi che “in ogni messaggio [venne] cioè allestita una rappresentazione del conflitto che convoca continuamente lo sguardo esterno di ciò che Persiankiwi chiama the world” (Salerno 2011, p. 44). In questa mise en scene del conflitto, gli iraniani divennero “soggetti traduttori” (p. 42) o “bridge blogger” (Bernardi 2009, p. 223), cioè letteralmente blogger ponte, “i blogger che scrivono in inglese” (ib) e che lanciano sos in rete a tutto spiano. È il caso del post inviato alla Cnn americana: Dear CNN, please check twitter for news about Iran (ib)(4) .
Centinaia di migliaia di utenti fra cui gli iraniani all’estero si unirono al grido rabbioso dei loro amici e parenti: Where is my vote?(5) . Viene da pensare a Marjane Satrapi o a Shirin Neshat (figura 7) che ha sostenuto i suoi connazionali indossando un abito verde al Festival del cinema di Venezia nel settembre 2009.

Figura 7. Shirin Neshat , al centro, sfila con il suo cast sul red carpet della 66^ edizione del festival del cinema di Venezia in segno di solidarietà ai giovani iraniani.

We are the eyes
Tra i tweets iraniani vennero seguiti particolarmente i post di Persiankiwi, PK, (la cui identità è rimasta sconosciuta) che raggiunsero 31000 followers nei dieci giorni di vita della sua pagina. Il suo ruolo strategico fu di guidare gli internauti ad accessi non censurati, hackeraggi di siti governativi, suggerendo all’Onda come muoversi in rete e in strada per destabilizzare il governo (Salerno 2011). Il noi fusionale di chi esperisce emozioni, desideri, rabbia nell’essere in comunione per mezzo di una comunicazione, si tradusse inevitabilmente nel passaggio da una dimensione individuale ad una collettiva, “da un io a un noi” (p. 46). Nella prima fase, spiega Salerno il noi è rappresentato dai followers di PK, mentre nella seconda il blogger, consapevole di essere punto di riferimento fuori e dentro l’Iran, cominciò ad usare più frequentemente il pronome noi al posto di io,specie quando il destinatario convocato fu il mondo al quale si rivolse con il pronome voi. Anche PK si sentì parte integrante dell’Onda e la testimonianza della rivoluzione khomeinista, alla quale assistette, slittò in quella dell’oceano verde lasciando “il posto a un insieme di persone e di mezzi che si pongono come obiettivo quello di diventare gli occhi del mondo” (ib). Gli obiettivi di fotocamere, web cam e cellulari sarebbero stati “the eyes of the world” (p. 48).

our lives are in real danger now - we are the eyes - they need to stop us - #Iranelection
cont....3:46 PM Jun 16th, 2009 from mobile web (ib).

Il 24 giugno di fronte alle violenze perpetrate dalla polizia sui suoi compagni, il noi di Persiankiwi si sbriciola, rivelando un sentimento di sconfitta espresso nuovamente con io.

I see many ppl with broken arms/legs/heads - blood everywhere - pepper gas like war -
#Iranelection6:35 AM Jun 24th, 2009 from web (pp. 46-47).

Persino il fuso orario dei tweets in Iran e nel resto del mondo fu spostato su Teheran affinché si tenesse conto anche del tempo, essenziale per la cronologia di quei giorni.
Lo sguardo sulla rivoluzione verde rivela dunque tutta la sua duplicità: da un lato, il tentativo di carpire gli sguardi altri portandoli nel cuore della protesta, dall’altro, la necessità che il conflitto attraversasse la frontiera per far sconfinare l’Onda all’estero, per rinvigorirla e accrescerla, permettendole così di sopravvivere. Lo sguardo del mondo, da quei giorni in poi, seguì il divenire di quella folla fluida, essenziale per Simmel (2003) a “mantenere una sufficiente consistenza, [a] vivere in uno stato di eterna difesa o anche all’occasione passare rapidamente dalla difensiva all’offensiva reciprocamente” (p. 73).
Il governo di Teheran accusò gli Usa di essere stati registi dell’insurrezione. Sul web inoltre circolarono le opinioni più fantasiose, come quella per cui Ahmadinejad avesse fatto uccidere Michael Jackson (deceduto il 25 giugno 2009 a Los Angeles) per distrarre l’attenzione da ciò che stava accadendo nel suo paese(6) ; o ancora quella del blogger Pedestrian secondo il quale il serial tv Lost avrebbe influenzato occidentalmente i giovani iraniani e di riflesso anche il loro insorgere(7) . Qualsiasi cosa se ne dica (e si sia detta), resta il fatto che la falsa vittoria di Ahmadinejad non avrebbe mai potuto legittimarlo – se non con l’atto di forza sfociato nella repressione –  semplicemente perché:

l’istituzione non esisterebbe senza ciò che lo istituisce, il potere deve tutto alla potenza che gli serve da supporto. In alcuni momenti storici questa potenza sotterranea mostra chiaramente la sua forza e scuote tutto ciò che si trova lungo il suo cammino (Maffesoli 2009, p. 23).

L’Onda ha resistito, ha gridato aiuto sul web e nelle strade con slogan che chiedevano ad Obama da che parte stesse. Il presidente Usa tentò la via del dialogo, inutilmente, e fu accusato dal regime di Teheran di intromettersi negli affari interni del paese. Fu così che ogni testimone non iraniano fu rispedito a casa. Gli unici testimoni di quel massacro furono loro: i giovani dell’Onda.
De Leo in aeroporto, in partenza per l’Italia, saluterà la sua interprete Anahita, e l’Iran così:

L’espressione degli occhi di Anahita, l’ultima cosa che vedo dell’Iran. Ho vissuto e assistito con loro a momenti unici, che non potranno non cambiare il suo paese, che per quanto in parte terribili, sono la sua vita, sono i suoi giorni. (…) In quegli occhi così grandi, il ricordo di quanto convissuto con me, quell’irrefrenabile desiderio di libertà schiacciato senza pietà dal sanguinario dittatore (…) Le sue ultime parole… “Non lasciateci soli” (…). Il suo sguardo qualcosa che non riuscirò a dimenticare mai più (De Leo 2009, p. 11).

Quello che è accaduto in Iran ci riguarda da vicino e la rete è stato un canale di comunicazione fondamentale con il resto del mondo, la finestra dalla quale guardare ciò che stava accadendo al paese e alla sua gente.
Con la diposizione del Ministero degli Interni che invitava la stampa estera a lasciare la terra persiana i ragazzi ne hanno dovuto assumere il ruolo divenendo citizens reporter, testimoni attraverso il proprio sguardo e il suo potenziamento ed estensione mediante supporti tecnologici, quali ad esempio, web cam e cellulari.
Questo non sarebbe bastato né tanto meno servito senza la diffusione virale delle testimonianze sul web, e nello specifico mediante Twitter. La rete, la sua natura contaminata e contaminante e in perenne mutazione, non rappresenta più dunque il messaggio – come teorizzava McLuhan – ma una soglia da attraversare, a partire dalla quale si dispiegano nuove identità e nuovi universi di senso fortemente reali. I barbari erranti nei paesaggi mediali sono identità in gestazione nella placenta multisensoriale del web, continuamente in viaggio per sfuggire alle trappole del senso, fugare il pericolo di cristallizzarsi, per perdersi e poi ritrovarsi mai come prima. Essi esplorano e ricreano paesaggi, se stessi, paradigmi, valori, diritti, tanto da divenire partecipi, e ancor più, protagonisti di una ridefinizione, o meglio sovversione, costante dei confini geopolitici che dividono territori, culture e persone. C’è qualcosa di magico nella fluttuazione di corpi, avatar, identità attorno al totem della tecnologia: l’essere in comunione per mezzo di una comunicazione (Susca 2008), potenziato ed evocato proprio dal mondo reale. L’orda barbarica iraniana ha generato qualcosa di inaspettato e di grandioso in Iran nel 2009 facendo affiorare in superficie dall’underground elettronico la condivisione e la solidarietà attorno a bisogni comuni, la rivendicazione di uno stato di diritto che – diversamente dall’idea di un Oriente/Medioriente erotico, tribale, integralista – in una società altamente informatizzata come quella persiana non poteva non valicare mediascape e universi tecnosociali.

 

Bibliografia
Arditi, B., 2011, Insurgencies don’t have a plan: they are the plan. Political performatives and vanishing mediators in 2011 (2012), “JOMEC. Journalism, Media and Cultural Studies”, Vol.1, n.1, UK.

Barthes, R., 2001, L’ovvio e l’ottuso, Torino, Einaudi.

Bernardi, F., 2009, Fatema Mernissi e la traduzione culturale. L’harem, le donne e il cyber-islam,  in Calefato, P., Ponzio, P., a cura, PLAT. Prospettive translinguistiche e transculturali, Lecce, Pensa Multimedia, pp. 213-229.

Bhabha, H. K., 2001, I luoghi della cultura, Roma, Meltemi.

Chow, R., 2004, Il sogno di butterfly. Costellazioni postcoloniali, Roma, Meltemi.

De Leo, F., a cura, 2009, L’Onda Verde d’Iran, Roma, Solaris.

Jameson, F., 2003, Le firme del visibile, Roma, Donzelli.

Maffesoli, M., 2009, La trasfigurazione del politico. L’effervescenza dell’immaginario postmoderno, Milano/Roma, Bevivino editore.

McLuhan, M., Fiore, Q., 1968, Il medium è il massaggio, Milano, Feltrinelli.

Said, E. W., 1991, Orientalismo, Torino, Bollati Boringhieri.

Salerno, D., 2011, “Baseej have guns we have brains”. L’Onda Verde iraniana su Twitter, “EC. Rivista dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici”, settembre 2011, pp. 39-50 http://unibo.academia.edu/danielesalerno.

Simmel, G., 2003, Il conflitto della cultura moderna. E altri saggi, Roma, Bulzoni editore.

Susca, V., de Kerckhove, D., Transpolitica. Nuovi rapporti di potere e sapere, Milano, Apogeo.

Susca, V., 2008, La magificazione del mondo, in Susca, V., de Kerckhove, D., Transpolitica. Nuovi rapporti di potere e sapere, Milano, Apogeo.

Sitografia
Antifilterforiran  https://twitter.com/Antifilter4Iran              
Iran  https://twitter.com/IranRiggedElect
Iran  https://twitter.com/Iran_Evolution
Iran Election  https://twitter.com/IranElection
Iran revolution  https://twitter.com/iranrevolution
Iranian student  https://twitter.com/Change_for_Iran
Niac (National Iranian American Council): http://www.niacinsight.com
Saeed Valadbaygi  https://twitter.com/SaeedBaygi

Filmografia
Persepolis, 2007, M. Satrapi, V. Paronnaud, Usa.

Iconografia
Fig. 1, 2009, Iranian backlash against Nokia,
http://www.niacinsight.com.

Fig. 2, 2009, Will any freedom loving person, ever buy a Nokia Siemens again,
http://www.azarmehr.info/2009/06/will-any-freedom-loving-person-ever-buy.html
.

Fig. 3, 2009, Iranian backlash against Nokia,
http://www.niacinsight.com.


Fig. 4, 2009, A look at twitter in Iran, http://blog.sysomos.com/2009/06/21/a-look-at-twitter-in-iran/

Fig. 5, 2011, Aftermath. Chapter one, http://www.zahrasparadise.com/archives/812

Fig. 6, 2009, Persepolis 2.0 . Iran’s post election uprising: hopes & fears revealed, http://www.scribd.com/doc/94991552/Persepolis-2-0 .          

Fig. 7, 2009, Iran’s green filmmakers on red carpet, http://iranfacts.blogspot.it/2009/09/irans-green-filmmakers-on-red-carpet.html

Note

1) Altri dati sono tuttora disponibili al link http://blog.sysomos.com/2009/06/21/a-look-at-twitter-in-iran/.

3) L’integrale del fumetto è disponibile in inglese su http://www.zahrasparadise.com/archives/812 . Tutti gli episodi sono stati editi nel 2011 da Rizzoli nel  romanzo dal titolo Zarah’s Paradise. I figli perduti dell’Iran, i cui autori sono noti sotto gli pseudonimi di Amir e Khalil.

5) I video sono disponibili su youtube come quello della manifestazione a Milano al link: http://www.youtube.com/watch?v=P_9BcSnZtk0&feature=related .

6) La notizia è stata pubblicata dal blogger Kamangir il 26 giugno 2009, ma il link diretto al suo blog non è più disponibile. Tuttavia ne si può leggere un riferimento al link
http://www.diariodelweb.it/Musica/Articolo/?nid=20090630_90930 .

7) La notizia è disponibile al link http://www.sidewalklyrics.com/?paged=11 .

 

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