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n. 4 / gennaio 2014

Errori di casting

 

Introduzione

di Sabino Di Chio
Università degli Studi di Bari Aldo Moro

 

Interrogato sulle dichiarazioni razziste di alcuni suoi compagni di partito, un politico francese ha tranquillizzato i giornalisti sorridendo: “Semplici errori di casting”.

Errori di figuranti inadatti a reggere la difficoltà della parte in commedia. Dilettanti inconsapevoli del peso delle loro parole, non più manifesto, né annuncio, né testimonianza. No, idee e azioni non sono rilevabili nell’orizzonte contemporaneo della politica che guarda il mondo attraverso la stretta inquadratura della guerra sulla trincea del consenso, riuscendo di là dal vetro a scorgere solo la propria autoreferenzialità.

Mentre il potere è chirurgicamente asportato dalle istituzioni democratiche per trasferirsi in un altrove smaterializzato, e probabilmente disumanizzato, irraggiungibile dalle doléances di chi vive soggetto alla forza di gravità, i Palazzi si riempiono di fidati esecutori irriducibili al controllo o di circhi mediatici incaricati di contendersi la volubilità dell’umore elettorale, dato numerico fondativo perché unico sopravvissuto al crollo di ogni criterio di orientamento.

Le serie televisive della Golden Age puntano la loro attenzione sul racconto della tattica senza visione, con la forza immaginifica di un’industria che ha abbandonato ogni complesso d’inferiorità per presentarsi al pubblico come un cinema che può fregiarsi del lusso dei tempi lunghi per dare il giusto respiro alle storie. Assecondando la fame del pubblico per il dietro le quinte, House of Cards (analizzato per Iconocrazia da Tito Vagni), Black Mirror (Salvatore Cingari), The Newsroom (Sabino Di Chio), Orange is the new black (Elena Fiorucci), House (Hélène Houdayer e Giuseppe Cascione), Lost (Alfredo Ferrara), Homeland, Scandal, Boss, The Good Wife (Antonio Fabbri) inquadrano il grande tema della legittimazione del potere impolitico nell’occidente nel Terzo Millennio, quello che gestisce l’esistente in attesa che un nuovo sogno si infiltri nelle coscienze.

Nel frattempo meglio farsi spiegare il mondo da Kevin Spacey. Lui, almeno, un casting non lo ha sbagliato mai.

 

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