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n. 1 / 1 luglio 2012

Miti e rappresentazioni dell'eredità biologica nell'era post-genomica

Mario De Tullio
Professore di Biologia
Università degli Studi di Bari Aldo Moro


Spiegare e rappresentare la enorme complessità degli organismi viventi e la loro capacità di trasferire le informazioni necessarie per la formazione di nuovi individui è compito di rara difficoltà, e non si ha certo la pretesa in questo breve contributo di esaurire una questione così ampia. Ciononostante, appare possibile enucleare alcuni aspetti  mediante i quali costruire un percorso tematico. La post-genomica è oggi la nuova frontiera della ricerca biologica, una realtà con cui fare necessariamente i conti se ci si vuole dotare degli strumenti necessari per leggere la realtà circostante. Ma per ottenere una miglior comprensione dei fenomeni naturali è necessario sgomberare il campo da alcuni elementi di disturbo figli di erronee interpretazioni. In non pochi casi i concetti faticosamente elaborati in seguito ai risultati della sperimentazione diventano termini di uso comune totalmente svuotati del loro significato originario. Si pensi, ad esempio, all'improprio uso del termine “DNA”. Alcuni di questi concetti verranno qui indicati come “Miti”, e si cercherà di ricondurli al senso proprio. A ciascun “Mito” viene associata una immagine, a volte con semplice funzione arbitrariamente esplicativa, a volte invece in più stretta relazione con il concetto stesso.

Mito #1 La “scienza neutrale”
Scienze e tecnologie non sono ovviamente oggetti privi di una dimensione etica e politica. Un interessante campionario delle argomentazioni su cui si basa il dibattito sulla neutralità della scienza risulta dal carteggio tra Goldsmith e Wolpert, reperibile in rete all'indirizzo (http://www.edwardgoldsmith.org/887/is-science-neutral/). Sebbene entrambe le posizioni espresse mostrino alcune ingenuità, questo documento rappresenta una utile esemplificazione dei temi in discussione. Una conoscenza oggettiva, secondo Popper, è “conoscenza priva del soggetto conoscente” (knowledge without a knower; K.R. Popper, Objective Knowledge: An Evolutionary Approach, Oxford, Clarendon, 1972), ovvero una vera e propria impossibilità ontologica. Il problema fondamentale della ricerca scientifica è che essa non parte dalla conoscenza della verità assoluta, ma da un insieme di frammenti di realtà più o meno coerenti, che di volta in volta vengono integrati con le conoscenze pregresse e messi alla prova dalla sperimentazione successiva. In particolare nel campo della biologia, le positivistiche attese del secolo scorso e la smisurata fiducia nella possibilità di conoscere i segreti della vita sono state tradite non tanto dall'incapacità degli scienziati, quanto dalle sproporzionate speranze riposte nella funzione demiurgico-messianica che alcuni tra gli stessi biologi si sono presuntuosamente attribuiti, confortati da una pubblica opinione sempre alla ricerca di nuovi eroi salvifici cui affidarsi ciecamente.

Dovendo rappresentare l'insussistenza del mito della neutralità della scienza, si potrebbe ricorrere alla trasformazione del Dottor Jekyll in Mr. Hyde, due figure-simbolo della complessità della natura umana. Il dualismo Jekyll-Hyde riflette anche il malinteso dualismo tra una scienza “buona”, sempre impegnata nella realizzazione del migliore dei mondi possibili, ed una scienza “cattiva” di cui diffidare a priori, perché gli scienziati sono tutti al soldo delle multinazionali - posizioni entrambe prive di significato nella loro infantile acriticità.

Rappresentazione del Mito #1 – La trasformazione del Dr. Jekyll nella straordinaria interpretazione di Fredric March nel film di Rouben Mamoulian (1931)

Mito #2 La razza

Tra le diverse discipline biologiche, la genetica è senza dubbio quella che più di ogni altra è stata ed è utilizzata a fini politico-ideologici, spesso asservita alle logiche del potere dominante a suggellare con il suo crisma di ipotetica oggettività le più improbabili deviazioni soggettive. Basti pensare alle frequenti affermazioni di “purezza” e superiorità biologica di una “razza”. Tuttavia, il termine “razza” non ha una definizione scientifica univoca, e nel corso dei secoli è stato variamente utilizzato. Charles Darwin parla di “razza” nel significato di “varietà” (ad esempio in The Variation of Animals and Plants Under Domestication, London, Murray, 1868). Di certo la razza non è una entità tassonomica, né tampoco un criterio per stabilire una scala gerarchica tra individui.


Rappresentazione del Mito#2 - L'immagine di copertina del primo numero della rivista “La  difesa della razza”, edita nell'Agosto 1938, è un chiaro esempio di pregiudizio “scientifico”. La testata pone, sotto il titolo, gli argomenti fondanti della rivista: “Scienza, documentazione, polemica”. La “scienza” viene quindi vista come base delle farneticazioni razziste contenute in questa infame pubblicazione.

Mito #3 Il DNA

L'informazione genetica (ovvero i caratteri che possono essere ereditati) è contenuta nell'acido desossiribonucleico (più noto con la sigla anglofona DNA). Si tratta di due lunghe catene appaiate, entrambe formate da una successione varia delle quattro basi azotate note come Adenina, Timina, Guanina e Citosina (ATGC), tenute insieme da una “intelaiatura” costituita da fosfato e desossiribosio. L'immagine della doppia elica è una vera icona del nostro tempo, mentre la sigla DNA è entrata nel linguaggio corrente, in genere a significare una caratteristica intrinseca ed ineludibile di un soggetto (individuo, azienda o squadra di calcio, poco importa). Cosa è effettivamente scritto nel DNA? Alcune parti di esso sono sequenze codificanti, ovvero porzioni di DNA lunghe alcune migliaia di basi che possono essere tradotte in proteine con la mediazione di un messaggero formato da un singolo filamento di acido ribonucleico. Le porzioni codificanti sono i geni. Invece, gran parte del materiale genetico (circa il 90% del DNA umano, ad esempio) non è codificante, e la funzione di questo DNA è stato a lungo oggetto di dibattito. La presenza di una sequenza potenzialmente codificante (o gene) nel DNA di un individuo non significa necessariamente che quel gene sia funzionante. Il DNA contenuto nelle cellule di ciascun individuo si può paragonare ad un grande libretto di istruzioni in cui sono contenute informazioni per costruire tutto l'organismo. Tuttavia nessuna cellula esprimerà mai contemporaneamente tutti i geni possibili, ma solo una piccola parte di essi. E' questo il motivo per cui una cellula epiteliale è diversa da una cellula epatica o nervosa. Vi sono nel DNA anche geni che non saranno mai espressi. Tutte le considerazioni fin qui esposte portano ad auspicare che si metta fine all'uso improprio del termine DNA nel senso di caratteristica innata, come purtroppo invalso correntemente.


Rappresentazione del Mito#3 – La “doppia elica” di DNA. D: desossiribosio; P: fosfato; A: adenina; T: timina; G: guanina; C: citosina.

Mito #4 Geni, cervello e politica
E' tuttora fortemente diffusa anche tra gli addetti ai lavori una sorprendente fiducia nei geni e nel loro valore predittivo. Se i geni hanno sicuramente un ovvio ruolo, ad esempio nell'insorgenza delle malattie ereditarie, non altrettanto ragionevolmente si è cercato e si cerca di estendere il concetto di determinismo genico a qualunque aspetto del comportamento umano. Ad esempio, si è cercato di  correlare a fattori ereditari la partecipazione al voto nelle elezioni politiche, con l'identificazione di due geni legati al metabolismo del neurotrasmettitore serotonina (J.H. Fowler, C.T. Dawes, 2008 - Two Genes Predict Voter Turnout, The Journal of Politics vol. 70, 579-594). Secondo questo studio, gli individui recanti nel proprio corredo genetico alcune varianti dei geni codificanti per l'enzima mono amino ossidasi e per il trasportatore della serotonina 5HTT sono destinati ad una maggiore partecipazione al voto. Dalla lettura dell'articolo di Fowler e Dawes si evince però che alcuni fattori culturali (quali le convinzioni religiose) hanno una forte influenza sulla partecipazione al voto, indipendentemente dalla presenza dei geni in questione. Inoltre occorre considerare le specificità del voto negli USA (dove gli elettori devono registrarsi per votare). Il metabolismo della serotonina sembrerebbe genericamente coinvolto nell'instaurarsi di diversi comportamenti sociali, e voler trovare dei geni marcatori della partecipazione politica appare un tentativo per spettacolarizzare delle osservazioni di limitato valore scientifico.


Rappresentazione del Mito#4 – La risonanza magnetica evidenzia come l'attività cerebrale interessi zone differenti quando si parla di politica con individui politicamente impegnati (A e B) oppure con persone che non si interessano di politica (C) (da J.H Fowler e D. Schreiber-2008, Biology, Politics and the Emerging Science of Human Nature, Science 322, 912-914)

Mito #5 Il “Progetto Genoma Umano”

Con ogni evidenza, guardare ai singoli geni non consente di spiegare coerentemente la forma e la funzione di un organismo e le ovvie differenze che osserviamo tra specie diverse. Da qui deriva la necessità di studiare il complesso di tutto il materiale genetico. L'insieme del DNA di un individuo prende il nome di Genoma. La titanica impresa di sequenziare l'intero genoma umano (circa tre miliardi di paia di basi) ebbe inizio nel 1990 ed è terminata nel 2003 (una prima serie di dati riferiti al 90% del genoma fu pubblicata nel 2001). L'enorme lavoro condotto ha evidenziato la presenza di 20.500 geni circa (in precedenza si pensava che fossero molti di più, tra 40.000 e 150-000; maggiori dettagli si possono trovare all'indirizzo www.genome.gov). La speranza (o pretesa) di trovare nel genoma una immediata risposta a tutte le domande fondamentali sulle specificità degli esseri umani e ciò che ci contraddistingue dagli altri organismi si è rapidamente infranta davanti al confronto tra le sequenze genomiche. Sono in realtà ben pochi i geni presenti solo nell'uomo, e non esiste una scala di valori per cui ad un maggior numero di geni corrisponderebbe una maggiore complessità funzionale di una specie. The Human Genome Project ha fornito tre miliardi di lettere, ma siamo ancora ben lontani dal saper leggere consapevolmente tutto ciò che è scritto in questo voluminoso manuale di istruzioni della vita umana.


Rappresentazione del Mito #5 – La copertina di Time Magazine del 3 Luglio 2000 annuncia trionfalisticamente la decifrazione del genoma umano riportando le immagini dei due principali scienziati che hanno guidato due progetti di ricerca indipendenti

Conclusioni: La post genomica come viaggio nella realtà

E' forse opportuno chiarire che l'obiettivo di questo breve ed arbitrario percorso non è una fin troppo facile polemica volta alla demolizione di certo scientismo d'accatto, ma il tentativo di guardare alle enormi possibilità che la ricerca scientifica in campo biologico può fornire all'elaborazione di una conoscenza da utilizzare come parziale chiave di lettura della realtà. Dopo l'ebbrezza della genomica è giunto il momento di operare una riflessione che cerchi di valutare i rapporti tra geni, i meccanismi che portano alla loro espressione o repressione ed il ruolo delle sequenze non codificanti. Il compito appare superiore alle attuali capacità analitiche e rappresentative della scienza, ma forse in futuro si potrà finalmente discriminare tra ciò che è realmente scritto nei geni ed il frutto dei condizionamenti ambientali e culturali.
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